L’AZIONE DI RESTITUZIONE DELLE SOMME CORRISPOSTE IN FORZA DI UN DECRETO INGIUNTIVO PROVVISORIAMENTE ESECUTIVO POI REVOCATO È SUBORDINATA AL PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA SENTENZA DI ACCOGLIMENTO DELL’OPPOSIZIONE?

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 30389 del 21.11.2019.

La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ottenuto da Tizio nei confronti di una società, la quale oppone il provvedimento monitorio. Il decreto ingiuntivo viene revocato con sentenza del Tribunale, successivamente appellata.

Avendo corrisposto a Tizio la somma portata dal decreto ingiuntivo, poi revocato dal Tribunale, la società agisce a sua volta in sede monitoria per il pagamento degli importi versati.

Tizio propone dunque opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla società, sostenendo che l’azione non può essere esperita in pendenza del giudizio di secondo grado riguardante la sentenza di revoca del provvedimento monitorio, configurando una violazione del principio del “ne bis in idem”.

Il Tribunale rigetta l’opposizione proposta da Tizio, decisione poi confermata anche in secondo grado.

Tizio propone quindi ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, sostenendo che la Corte d’Appello ha mal interpretato il precedente orientamento della Cassazione in materia.

In particolare, il ricorrente assume, tra gli altri motivi, che:

- la corretta lettura dell’art. 336 c.p.c. presuppone che la restituzione delle somme versate per effetto di un titolo giudiziale venuto meno segue alla riforma o cassazione parziale della sentenza precedente, situazione che non ricorre nel caso di specie;

- l’assenza di un capo di condanna nella sentenza che ha revocato il decreto ingiuntivo emesso a favore di Tizio impedisce di invocare gli effetti dell’art. 282 c.p.c. (esecuzione provvisoria) e non consente pertanto di intraprendere un’autonoma azione monitoria per il recupero delle somme versate.

La Corte di legittimità afferma che i giudici di secondo grado hanno correttamente interpretato quanto espresso nell’ordinanza della Cassazione n. 19296/2005, la cui massima recita che: “il principio secondo cui il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., per il solo fatto della riforma della sentenza e può essere fatto valere immediatamente, se del caso anche con procedimento monitorio, trova applicazione anche in riferimento alla revoca del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tal caso, la domanda di restituzione può essere proposta dinanzi allo stesso giudice dell’opposizione, ovvero anche separatamente, ed in quest’ultima ipotesi il relativo giudizio non dev’essere sospeso in attesa della definizione di quello di opposizione al decreto ingiuntivo, non essendo la restituzione subordinata al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento dell’opposizione”.

Alla luce del richiamato orientamento, nel caso di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo successivamente revocato, la stessa sentenza di revoca potrà disporre in ordine alla restituzione e tale capo avrà provvisoria esecutività.

Nel caso in cui invece la sentenza nulla dica in merito, come avvenuto nel caso di specie, la parte avrà facoltà di attivarsi immediatamente per il recupero di quanto indebitamente versato, optando per una delle seguenti soluzioni:

1. reiterando la richiesta di restituzione dinanzi allo stesso giudice dell’opposizione in sede di appello;

2. ricorrendo ad un’autonoma azione monitoria.

Tale impostazione è peraltro coerente con i principi espressi anche in altre pronunce della Corte, come ad esempio n. 9296/2004, secondo la quale, a seguito del giudizio di opposizione, la sentenza di accertamento negativo si sostituisce completamente al decreto ingiuntivo, che viene dunque eliminato dalla realtà giuridica, con la conseguenza che gli atti di esecuzione già compiuti restano caducati.