LA RICHIESTA DI DECRETO INGIUNTIVO IN MATERIA DI SERVIZI DI TELECOMUNICAZIONI DEVE ESSERE PRECEDUTA DAL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE?

Sull’interrogativo si è espressa la Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 8240 del 28.04.2020.

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dalla società di telecomunicazioni Alfa a carico della società Beta per corrispettivi non saldati per la fornitura di servizi di telecomunicazione mobile.

La società Beta propone opposizione al provvedimento monitorio dinnanzi al Tribunale, lamentando che prima del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo non è stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dall’art. 1, comma 11, della L. n. 249/1997 e dalla Delibera dell’AGCOM n. 182/02/CONS.

Il Tribunale accoglie l’opposizione della società Beta con sentenza, confermata poi anche in secondo grado dalla Corte d’Appello.

La società Alfa ricorre in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, deducendo violazione dell’art. 1, comma 11, della L. n. 249/1997. Trattandosi di questione di massima di particolare importanza, il primo presidente assegna la causa per la decisione alle Sezioni Unite.

Il ricorso è accolto dalla Corte, che cassa con rinvio la sentenza della Corte d’Appello, per i motivi che seguono.

Quanto al contesto normativo, i giudici di legittimità partono dapprima dalla disamina della disciplina generale in materia di modalità alternative di risoluzione delle controversie prevista dal D.lgs. n. 28/2010, il cui art. 5, comma 1 bis, prevede l’obbligatorietà del procedimento di mediazione in una serie di materie, a pena di improcedibilità della domanda giudiziaria. Si tratta comunque di un meccanismo di procedibilità sospensiva, avendo le parti la possibilità di recuperare durante il giudizio l’attività conciliativa eventualmente omessa: se il giudice rileva infatti che le parti non vi hanno provveduto prima dell’introduzione del giudizio, fissa termine per l’introduzione della mediazione e rinvia la causa ad udienza successiva alla chiusura del procedimento.

L’art. 5, comma 4, prevede poi che non vi sia obbligo di mediazione “nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione”.

Nel settore delle telecomunicazioni, il legislatore ha poi adottato una regolamentazione specifica, che prevede anch’essa una modalità alternativa di risoluzione delle controversie, denominata tentativo di conciliazione obbligatorio. Nello specifico, è importante richiamare la normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie in questione:

- art. 1, comma 11, della L. n. 249/1997: per le controversie in materia “non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione”;

- art. 3, comma 1, della Delibera AGCOM n. 182/2002: “gli utenti o associati, ovvero gli organismi, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo privato o dalle norme in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’Autorità e che intendano agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio”;

art. 3, comma 1, della Delibera AGCOM n. 173/2007: “il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio”.

La Suprema Corte rileva che le suddette norme portano ad escludere l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per il procedimento monitorio, in quanto la terminologia nelle medesime utilizzata è di solito associata all’atto introduttivo di un giudizio ordinario, a contraddittorio immediato.

Dal punto di vista giurisprudenziale, la Corte di Cassazione rileva che: 

- la Corte Costituzionale ha individuato nella mancanza di contraddittorio tra le parti l’elemento di incompatibilità strutturale tra il procedimento di conciliazione (che prevede appunto un contraddittorio) ed il provvedimento monitorio (che non prevede contraddittorio nella fase sommaria) (si veda in merito sentenza n. 276/2000) e chiarito che le disposizioni che introducono condizioni di procedibilità devono essere interpretate in senso non estensivo (si veda in merito sentenza n. 403/2007);

- la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pur ritenendo complessivamente compatibile la normativa italiana con le direttive comunitarie, ha chiarito che il previo esperimento di una procedura di mediazione, quale condizione di procedibilità, non deve rendere eccessivamente difficoltoso alle parti l’accesso al sistema giudiziario (si vedano in merito: sentenza 18.03.2020 nei procedimenti riuniti C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08; sentenza 14.06.2017 nella causa C-75/2016).

Gli argomenti sopra espressi sono in linea anche con un precedente in materia espresso dalla medesima Corte di Cassazione con sentenza n. 25611/2006, secondo la quale “in tema di controversie tra gli organismi di telecomunicazioni e gli utenti, il tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dalla L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11, non è condizione di procedibilità anche del ricorso per decreto ingiuntivo, attivando quest’ultimo un procedimento inaudita altera parte, rispetto al quale la sperimentazione della possibilità di comporre bonariamente la vertenza non appare praticabile, proprio per l’assenza del contraddittorio tra le parti”.

Le Sezioni Unite confermano dunque il suddetto orientamento: in materia di telecomunicazioni il tentativo obbligatorio di conciliazione non è infatti espressamente richiesto (a pena di improcedibilità) prima dell’emissione del decreto ingiuntivo, presupponendo un giudizio che si svolga nel contraddittorio attuale tra le parti ed essendo dunque strutturalmente incompatibile con la procedura di richiesta di provvedimento monitorio.

Anche sotto il profilo finalistico, il procedimento di conciliazione e quello monitorio non appaiono compatibili, in quanto l’esigenza di immediata soddisfazione del creditore dotato di prova scritta del credito, che si realizza proprio con il differimento del contraddittorio rispetto alla formazione del titolo, verrebbe altrimenti vanificata dal previo esperimento del tentativo di conciliazione. In questa fase, prevale la necessità di assicurare uno strumento agile a tutela del credito rispetto all’esigenza di individuare una soluzione alternativa alla controversia, che viene solo posticipata alla fase successiva ed eventuale di opposizione con cui si apre il giudizio a cognizione ordinaria.