IN MATERIA DI OPPOSIZIONI ESECUTIVE, IL RICORSO PER CASSAZIONE VA PROPOSTO NEI CONFRONTI DI TUTTI I CREDITORI PROCEDENTI O INTERVENUTI AL MOMENTO DELLA PROPOSIZIONE DELL'OPPOSIZIONE?

Al quesito risponde la Corte di Cassazione con sentenza n. 11268 del 12.06.2020.

La società Alfa agisce esecutivamente nei confronti di Tizio e Caio, sottoponendo a pignoramento alcuni terreni di proprietà dei medesimi. Nella procedura esecutiva immobiliare intervengono successivamente anche altri creditori.

Dopo alcuni esperimenti di vendita andati deserti, i beni vengono aggiudicati a Sempronio e Mevio. Il successivo decreto di trasferimento è tuttavia oggetto di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. da parte di Tizio e Caio, i quali domandano la sospensione dell'esecuzione e deducono che la vendita deve essere dichiarata nulla, in quanto:

- nell'avviso di vendita non è fatta menzione della presenza di vigneti (accertati dal perito estimatore) su talune particelle vendute come terreno seminativo;

- la vendita ha ad oggetto anche un bene demaniale;

- uno dei due lotti è aggiudicato due volte, mentre l'altro non è menzionato nel decreto di trasferimento ed è rimasto soggetto a pignoramento;

- il decreto di trasferimento non è completo delle indicazioni necessarie per legge.

Il Giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di sospensione dell'esecuzione e assegna termine per l'introduzione del giudizio di merito, avviato poi da Tizio e Caio. Il Tribunale rigetta l'opposizione con sentenza avverso la quale gli esecutati propongono ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, della Costituzione.

I Giudici della Suprema Corte dichiarano il ricorso inammissibile per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.., non ritenendo soddisfatto il requisito dell'esposizione sommaria dei fatti.

Nello specifico, la Corte di Cassazione precisa che è necessario che il ricorso per Cassazione contenga, anche in modo non analitico o particolareggiato, "l'indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata".

I Giudici di legittimità evidenziano come il ricorso in questione non indica in maniera chiara quali siano le parti del processo esecutivo: i ricorrenti si limitano infatti ad affermare genericamente che la procedura esecutiva è proseguita "per impulso dei creditori", senza precisare chi tali creditori siano.

La chiara indicazione dei creditori è questione di rilevante importanza, in quanto la Corte deve verificare la regolarità del contraddittorio tra tutte le parti, in particolare nelle opposizioni agli atti esecutivi, in cui sussiste litisconsorzio processuale necessario tra tutti i creditori che rivestano la qualità di procedente o di interventore al momento in cui l'opposizione è instaurata (si vedano in merito: Cass. civ. n. 18110/2011; Cass. civ. n. 17441/2019). Nel caso in cui il contraddittorio non sia integro, ma sia possibile individuare univocamente coloro nei confronti dei quali deve essere regolarizzato, la Corte provvede ai sensi dell'art. 331 c.p.c.. In caso contrario, la sanzione processuale è l'inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c..

La Corte precisa infine che eventuali carenze espositive del ricorso non possono essere colmate  dalle risultanze del fascicolo d'ufficio: in particolare, nei casi di opposizione i creditori procedenti  o intervenuti neppure risultano dal fascicolo d'ufficio e i relativi riferimenti possono essere riscontrati soltanto mediante consultazione del fascicolo dell'esecuzione, che il giudice dell'opposizione non è tenuto ad acquisire.