IL TERZO DATORE DI IPOTECA HA INTERESSE AD AGIRE NEL GIUDIZIO DI OPPOSIZIONE A PRECETTO?

La risposta è contenuta nell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7249 del 13.03.2020.

Tizio, Caio e Sempronio, chiamati all’eredità di Mevio, terzo datore di ipoteca su immobili di sua proprietà in favore della società Alfa, si oppongono ad un precetto loro notificato in forza di decreto ingiuntivo emesso a carico della predetta società, eccependo la loro carenza di legittimazione passiva per non aver assunto la qualità di eredi.

Il Tribunale dichiara il difetto di interesse ad agire degli opponenti, in quanto non proprietari del bene su cui il creditore minaccia l’esecuzione.

Anche la Corte d’Appello, dinnanzi alla quale è impugnata la sentenza di primo grado, rigetta il gravame proposto da Tizio, Caio e Sempronio, in quanto dal precetto non emerge la volontà del creditore di procedere esecutivamente su beni degli opponenti diversi da quello oggetto di ipoteca. La Corte afferma che l’impugnazione è da considerarsi peraltro anche infondata, in quanto l’eccepita carenza di legittimazione passiva per difetto della qualità di erede non potrebbe comunque essere accolta a seguito dell’accettazione con beneficio di inventario dell’eredità da parte degli opponenti, intervenuta nelle more del giudizio.

Tizio, Caio e Sempronio ricorrono dunque in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado, sostenendo che la Corte d’Appello ha errato a:

- rilevare che solo nel giudizio di secondo grado gli opponenti hanno sostenuto di aver proposto opposizione al fine di evitare che la loro diversa acquiescenza potesse intendersi come accettazione tacita dell’eredità e che ciò determinasse un giudicato pregiudizievole e non tangibile, neppure da una successiva rinuncia all’eredità;

- non considerare che gli opponenti hanno in realtà interesse ad escludere un’implicita accettazione dell’eredità.

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso, per i motivi che seguono.

In primo luogo, occorre richiamare la norma di riferimento per la fattispecie in questione, ovvero l’art. 603 c.p.c., che, in materia di espropriazione contro il terzo proprietario, stabilisce che “il titolo esecutivo ed il precetto debbono essere notificati anche al terzo. Nel precetto deve essere fatta espressa menzione del bene del terzo che si intende espropriare”.

La Corte di Cassazione richiama e conferma quindi il proprio orientamento sulla questione (Cass. civ. n. 5507/2003 e n. 5664/2018): l’opposizione a precetto promossa dal terzo per far accertare di non essere obbligato al pagamento della somma indicata in precetto va rigettata per difetto di interesse, quando dall’interpretazione del precetto si evince che esso non presuppone l’obbligazione diretta del terzo al pagamento del debito,  la volontà del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti, in caso di mancato pagamento, anche su beni diversi da quelli ipotecati. Ciò che si è appunto verificato nel caso di specie.

Quanto alla qualità di erede, infine, secondo la Corte essa è solo affermata in precetto e tale affermazione non può di certo determinare un giudicato sulla questione. Né i giudici di legittimità comprendono quale sia stato o sia l’interesse a coltivare la lite, una volta che l’eredità venga accettata con beneficio di inventario.