È CONFIGURABILE RESPONSABILITÀ EX ART. 96, COMMA 2, C.P.C. IN CAPO AL CREDITORE CHE ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPORZIONATO RISPETTO AL CREDITO GARANTITO?

L’interessante questione è affrontata dalla sentenza n. 6533/2016 della Corte di Cassazione, che ha segnato un deciso cambio di orientamento rispetto a quanto in precedenza affermato dalla giurisprudenza.

In passato, infatti, nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 311 e 529 del 1967 e Cass. n. 17902/2010) si era consolidato il principio secondo cui “il creditore che abbia iscritto ipoteca per una somma esorbitante o su beni eccedenti l’importo del credito vantato non può essere chiamato, per ciò solo, a risponderne a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 2, restando possibile, peraltro, configurare a carico del medesimo una responsabilità processuale a norma dell’art. 96 c.p.c., comma 1, qualora egli abbia resistito alla domanda di riduzione dell’ipoteca, con dolo o colpa grave”.

Punti di partenza di tale orientamento sono i seguenti articoli:

- art. 2740 c.c., che prevede che il debitore risponda dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i propri beni, presenti e futuri;

- art. 2828 c.c., che consente al creditore di iscrivere ipoteca giudiziale su qualunque immobile del debitore;

- art. 2877 c.c., secondo cui le spese necessarie per eseguire la riduzione dell’ipoteca acconsentita dal creditore sono poste a carico del debitore, nel caso in cui la riduzione venga richiesta adducendo il valore eccedente dei beni compresi nell’iscrizione rispetto alla cautela. Il medesimo articolo prevede altresì che le spese siano a carico del creditore, solo nel caso in cui la richiesta di riduzione abbia luogo per l’eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore.

Il pregresso orientamento riconosceva in sostanza la sola possibilità di configurare in capo al creditore una responsabilità ex art. 96, comma 1, c.p.c., ricorrendone i presupposti, nell’ambito del processo per la riduzione dell’ipoteca introdotto dal debitore.

Di diversa opinione è invece la sentenza della Cassazione n. 6533/2016, che nel proprio ragionamento parte da presupposti differenti, ovvero:

- la funzione di generale garanzia per il creditore dell’intero patrimonio, presente e futuro, del debitore ex art. 2740 c.c. deve incontrare il limite dell’abuso del diritto;

- l’art. 2828 c.c., che consente al creditore di iscrivere ipoteca su qualunque immobile, presente e sopravvenuto del debitore, non deve essere inteso come abilitazione ad iscrivere ipoteca su tutti gli immobili. Il valore dei beni ipotecati deve pertanto essere rapportato all’iscrizione ipotecaria;

- nelle norme che disciplinano le iscrizioni ipotecarie, la sproporzione è regolata sotto il profilo dell’individuazione della misura eccedente. Le ipoteche giudiziali devono infatti ridursi se i beni compresi nell’iscrizione hanno un valore, che eccede la cautela, superiore ad un terzo dei crediti iscritti, accresciuto degli accessori; se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione eccede di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta.

La Suprema Corte riflette in particolar modo sul principio del giusto processo, espresso dall’art. 111, comma 1, della Costituzione, che impedisce di accordare protezione ad una pretesa priva di meritevolezza e caratterizzata dall’uso strumentale del processo.

In definitiva, la Corte di Cassazione afferma che il creditore che iscrive ipoteca giudiziale sui beni del debitore il cui valore ecceda la tutela, discostandosi dai parametri normativi mediante iscrizione per un valore che supera di un terzo, accresciuto dagli accessori, l’importo dei crediti iscritti (artt. 2875 e 2876 c.c.), pone in essere un comportamento di abuso dello strumento della cautela rispetto al fine per il quale gli è conferito. Il creditore utilizza in sostanza lo strumento processuale oltre lo scopo previsto dal legislatore, al fine di assicurarsi la maggiore garanzia possibile, ma arrecando un danno al debitore.

La Suprema Corte conclude il proprio ragionamento, elaborando il seguente principio di diritto: “nell’ipotesi in cui risulti accertata l’inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all’iscrizione giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, comma 2, c.p.c., quando non ha usato la normale diligenza nell’iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati nella legge (artt. 2875 e 2876 c.c.), così ponendo in essere, mediante l’eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore”.